"Nel mentre di tutto ciò
(Il sacco di Naria NdC),
si è detto che altre sacche di resistenza combattevano aspramente od
erano immuni alla marea del Caos, vuoi per la pochezza dei luoghi in
questione ed il seguente disinteresse strategico - Flaria era stata
annessa territorialmente, con la presenza di pochi drappelli e certo non
per conquista militare - vuoi per l'impossibilità di far fronte al potere
energetico di alcuni luoghi. Tra questi vi era il Cerchio di Colline ad
Ovest di Lainë, sede della marca più potente: il Sigillo di
Proibizione."
"Vi era come Custode, a quel
tempo, un vecchio Druido a nome Anaerk, grande tra quelli del suo offizio,
ma umile. Il Verde Consiglio era ormai un nome appartente perlopiù al
passato, i suoi Serventi sparsi da tempo ai quattro angoli delle Lande
conosciute.
Anaerk era persona di grande spirito e percepiva molto di più di quello
che dava ad intendere con le parole, come è norma tra l'antica comunità
Druidica. Non passò quindi molto tempo dopo le prime avvisaglie del
Grande Male (allora il Caos era ancora un'infiltrato fuggiasco nelle
Lande) che, preso da torvi presentimenti, Anaerk si mosse per aver
consiglio dai grandi del suo ordine. Fu così che le grandi aquile furono
allertate e lupi e cigni inviati in cerca del Consiglio degli Anziani, a
Sud, nell'antica terra elfica sede dell'unica costola rimasta del Verde
Consiglio. Ma il braccio del Caos era già allora lungo, potendo contare
sulla corruzione instillata goccia dopo goccia, sicché ad Anaerk non
tornarono che un pugno di messaggeri del folto numero da lui inviato, poiché,
per quanto si seppe poi - dopo la fine del Grande Assedio e l'assopimento
del Caos - stormi di corvi rinnegati avevano attaccato e spacciato buona
parte dei cigni inviati, mentre dei lupi non si seppe più nulla. Solo le
grandi aquile tornarono, ché nessun pennuto osava contrapporvisi e la
loro missione faceva gioco al Caos: nessuna di loro portò infatti notizia
del Consiglio druidico, comunicando invece di un terrore strisciante
che marciava alla testa di armate di Nonmorti, ingoiando miglio dopo
miglio le lande più desolate nel profondo sudovest di Naria.
E con l'avverarsi dei suoi più cupi presentimenti - lo schierarsi del
Caos, il suo incedere erratico con il solo scopo dell'annientamento dei
viventi - Anaerk assaggiò l'angoscia divorante dell'impotenza: quale
forza poteva infatti disperdere una tale dispiegamento di puro Male? E a
lungo meditò, con solo il suo allievo a dargli conforto.
Così il Caos si svelò al mondo e prese pian piano possesso di ogni
ettaro di Naria, portandovi l'acre odore della morte; e sebbene in modo
strisciante il suo divenire potenza durò anni, il suo manifestarsi fu un
battito di ciglio, e nessuno vi si mostrò preparato.
Pure, in quei giorni, chi avesse voluto incamminarsi tra i boschi e le
praterie di Naria avrebbe potuto passare quasi indenne tra i combattimenti
(non già tra il sentore di morte portato dai venti), perché le Lande
Abitate erano vaste e la potenza del Caos raggrumata nei suoi centri
nevralgici, sì che del resto del territorio poco esso si curava. Ed in
questi luoghi i più sostarono, raminghi profughi di guerra, ma almeno
vivi. Nessuno sapeva però per quanto.
Ad Anaerk, dalla posizione privilegiata all'ombra del Talismano di
Proibizione, tutto questo non
sfuggiva. Come poter porre fine alle sofferenze? E nella sua mente
balenò una risposta... e tremò. Ma il pensiero vi era stato alitato
dall'alto: lontani dal Mondo per scelta, i Giardinieri non avevano mai
smesso di curarsi dei suoi eventi, ed avevano per Anaerk un amorevole
rispetto, poiché leggevano nel suo cuore l'amore per Naria. Il loro
consiglio era follia, la sua realizzazione morte sicura, ma non esitavano,
poiché Anaerk, in cuor suo, già si era votato."
"Il loro consiglio era la distruzione del Sigillo."
"Molti Storici e Studiosi
pensano ora che questa fu un'arguzia dei Giardinieri per poter rimettere
piede in Naria per tramite dei loro Araldi.
In ciò grandemente si sbagliano, come i meno maliziosi subito
interpretarono, poiché la Vita in Naria esiste per loro Dono, e mai hanno
lasciato che i loro pensieri obliassero il bene di questo mondo, come di
altri. Il disegno era preciso: come i loro Inviati avevano permesso che il
seme del Male attecchisse, così ora loro stessi porgevano un nuovo aiuto
per sradicarlo. Ed Anaerk li ascoltò."
"Quel giorno è ricordato ancora da molti tra i viventi.
Anaerk sapeva che nessun umano potere
avrebbe spezzato il grande Sigillo di Proibizione: la sua energia lo
avrebbe spacciato all'istante. Eppure, una voce interiore lo tormentava di
continuo, ma non era solo un'influenza divina; molta era infatti la farina
del suo sacco in questo, ché da subito aveva pensato che gli Dei Minori,
non i Maggiori - i Giardinieri rispettavano infatti il libero arbitro di
Naria e non si intromettevano mai direttamente - potessero essere la
chiave di volta per mettere in scacco l'empietà del Caos. Tante erano
anche state le voci che si erano alzate allora, dopo la proibizione, per
urlare parole di dissenso verso l'espulsione degli Dei o per piangerne la
dipartita; tra queste non vi era certamente quella di nessun Druido che
ben aveva in mente la distruzione apportata dall'Odio, e neppure vi erano
le voci delle genti di Flaria e dell'Amir, spazzate via
dalla furia rabbiosa della lotta tra gli Dei. Pochi erano i loro
sopravvissuti e costoro guardavano con sdegno e sofferenza le mani alzate a pugno
contro le sagge parole dei Druidi.
Pure, il Caos era stato l'ultimo inatteso regalo degli Dei ed era loro
compito venirne a capo, pensava Anaerk. Il seme del Male era stato
piantato dallo stravolgimento del Cuore di Naria, potente talismano che ora non
era più: era infatti esploso in molteplici frammenti di energia
distorta e incontrollabile durante l'ultimo cozzo violento tra Sibrene e
Thar Enna, gli Dei riottosi. L'Amir ne aveva pagato le conseguenze. Ma il
Cuore di Naria non doveva trovarsi in quel luogo, e nemmeno in quelle
mani..."
"...e, soprattutto,
la difesa che il Cuore incarnava era completamente cessata."

"Come abbia
potuto Anaerk completare il suo compito, non è dato sapere, se non per
congetture. Fu poi Banhir, l'elfo di Lindomë suo amato allievo, ad
indicare il probabile flusso degli eventi. Non ne vide l'atto diretto, però,
ed è per questo che fu in grado di raccontarlo al mondo, poiché dopo
poco che il suo Maestro lo ebbe lasciato dormiente e stremato per una
delle tante notti vigili di veglia per incamminarsi verso il ricettacolo
del talismano - il Sigillo infatti risiedeva in un grande Obelisco radicato
nel suolo - fu svegliato da un secco boato, come di un lacerarsi di mille
rocce, ed un potente spostamento d'aria lo proiettò distante. La terra
tremò sotto i suoi piedi ed il forte boato perse potenza ma guadagnò in
ampiezza, riverberando in tutti i cieli di Naria. Fu solo dopo molto tempo
che riuscì ad alzarsi e a guardarsi attorno: dove un tempo si stagliava
il grande Obelisco delle Genti, ora non vi era che un cumulo di rocce
franate. L'ultima cosa che Banhir si ricordò del suo amato Maestro era la
sua figura china accanto ad un fuoco, la notte precedente, assorto nel canto
sommesso di una inafferrabile litania.
Le sue mani brillavano di un lucore verde e salubre e nei suoi
occhi, quando si incontrarono, vide un profondo sguardo d'amore..."
"E l'ultimo incantamento
Anaerk lo eseguì veramente per amore di Naria, pur sapendo che era la sua
condanna a morte. Con il senno di poi fu la mossa più giusta, poichè il
compito del Sigillo poteva dirsi ora terminato, e la sua Proibizione un
danno più che un guadagno. E Banhir pianse amaramente la morte del
Maestro, unico tra le Lande, che nessun vivente era in zona, tutti
domandandosi cosa stava repentinamente accadendo e se questo fosse un
nuovo inganno del Caos."
"Perché un rombo aveva
invaso l'aria, udendosi netto in ogni dove, ed era presto di mattino, un
mattino cupo e foriero di pioggia. Ma con il rombo arrivò anche un vento
forte, e spazzò le nubi sì che in poco tempo il cielo si stagliò di un
azzurro profondo e solo lontano, a Sudovest, rimase cupo."

"Il Mondo aveva preso
contatto con la fine della Proibizione, ma non ne aveva preso coscienza.
Ciò che però gli assediati videro furono accampamenti vuoti, lasciati di
fretta, e campi lastricati di ossa dove il Caos, in preda al dubbio ed
alla paura, aveva privato i suoi servi dell'alito che li sosteneva.
Altrove, furono le rotture dei fronti e le ritirate disciplinate a stupire
i difensori, come fu per Ishtaar ed il suo circondario, ma nessuno caricò
le armate in fuga, troppo esausti anche solo per lanciare l'ultima
litania.
Ma la morsa del Caos non aveva abbandonato le Lande. Nella sua ordinata
ritirata, dove poterono gli eserciti del Caos distrussero quel poco che
rimaneva di intonso, mentre in alcune parti sacche di guerrieri rinnegati
prendevano il comando per personali guerre di vendetta.
Ma il più era fatto e presto gli eserciti delle forze civili di Naria si
sarebbero rinforzati, riprendendo tutto il terreno perso.
E questo fu infatti ciò che avvenne, anche se non tutto fu riconquistato
e nulla tornò come prima.
Un'era di pace si era conclusa nel sangue. Se ne era aperta un'altra di
vigilanza, ma era piena di speranza."